Jaynie Anderson, una australiana a Venezia

Giorgione in una copia della Divina Commedia

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Intervista di Riccardo Manfrin

Ci puoi raccontare del tuo rapporto con l’Italia, quando e dove nasce?

“Ho viaggiato per la prima volta in Italia dall’Australia quando avevo quattordici anni con i miei genitori e il fratello minore, in un gran tour. Abbiamo lasciato Melbourne via mare su una nave P&O, la SS Orsova, passando attraverso il Canale di Suez, per sbarcare a Napoli. Lì abbiamo acquistato una Fiat 500 per percorrere strade spettacolari fino a Sorrento e poi a Pompei. Abbiamo poi seguito il sentiero per Roma, Firenze, Pisa e Siena, raggiungendo Venezia il giorno del mio quindicesimo compleanno il 15 dicembre. Lasciammo la Fiat al tronchetto e prendemmo un taxi d’acqua per l’hotel Bauer Grünewald dove mio padre aveva prenotato una suite con vista sul Canal Grande. Non avevo mai provato nulla di simile. Abbiamo cenato con vista sul Canale e poi lasciato l’hotel attraverso la porta sul retro per arrivare immediatamente in Piazza San Marco verso le 23. Sentivo un freddo pungente, tutto era straordinariamente bello e non c’era nessuno, a parte mio fratello e io, che danzavamo attraverso la piazza, ricordo le nostre scarpe che echeggiavano sulle pietre. Mi sono innamorata di Venezia in quella notte. Era insolitamente spopolata e dava l’illusione che fosse solo per me”.

Provieni da un paese lontanissimo, come viene vista l’Italia e le sue bellezze artistiche?

“Da adolescente a Melbourne ricordo di essere venuta a conoscenza della cultura popolare italiana attraverso i film di Antonioni e Fellini, oltre che dei bar e ristoranti di nuova creazione, con cucina veneta e napoletana. Quando andai all’università di Melbourne all’età di 16 anni si trovava in un quartiere italiano intorno a Lygon Street, dove si parlava l’italiano. Era eccitante, diverso dai sobborghi convenzionali. Nella facoltà di lettere ho scoperto la storia dell’arte e, cosa più importante, la storia dell’arte italiana, insegnata da Franz Phillip, un rifugiato ebreo australiano, uno degli ultimi allievi di Julius von Schlosser. Alla National Gallery of Victoria la parte più interessante e universalmente apprezzata della collezione riguardava la pittura italiana del sedicesimo secolo. Questo faceva parte della mia formazione.

La tua domanda riguarda anche ciò che chiamiamo la “tirannia della distanza”. Gli europei pensano che l’Australia sia più lontana di quanto gli australiani credano che l’Europa lo sia. Siamo sempre stati grandi viaggiatori. Le comunicazioni sono ora molto veloci e un lungo volo aereo ora sostituisce i giorni in mare su un transatlantico. Gli italiani hanno sempre ricoperto ruoli importanti nella trasmissione della cultura europea nell’Australia coloniale e continuano a farlo, ma così fanno anche altri gruppi nazionali.

L’Australia ora è una società multiculturale ossessionata dalla contemporaneità. L’arte italiana è importante e popolare nelle università e nei musei, ma non è più così privilegiata. Nel 2011 sono stata determinante nell’organizzare di una mostra di arte rinascimentale dall’Accademia di Carrara di Bergamo alla National Gallery of Art di Canberra, che comprendeva importanti opere d’arte di Giovanni Bellini, Raffaello, Tiziano, Lorenzo Lotto e molti altri. Ha avuto uno dei più alti numeri di visitatori nella storia Australiana, e 38.000 copie del catalogo sono state vendute”.

Come nasce la tua passione per Giorgione, tanto da divenire la storica di riferimento dell’artista?

“Nel mio quarto anno di laurea ho scelto di scrivere una tesi sulla ritrattistica di Giorgione e sul Giorgionismo nella ritrattistica. Era interamente una mia scelta. Più tardi, quando sono stata invitata a Bryn Mawr per scrivere una tesi di dottorato, ho scelto come tema Gorgione, incoraggiata dal mio supervisore Charles Mitchell, che come i migliori supervisori mi ha incoraggiato a credere in me stessa. Non tutti hanno pensato che fosse una buona idea imbarcarsi su Giorgione come argomento di tesi. A Oxford Francis Haskell ha reagito dicendo che nessuno avrebbe dovuto scrivere su Giorgione a meno che non avesse più di sessant’anni e non fosse australiano. La mia ricerca su Giorgione ha messo in relazione le scoperte archivistiche con la conoscenza scientifica. Ho trovato nuovo materiale d’archivio relativo ai mecenati di Giorgione e ai suoi amici, la mia ricerca si è concentrate negli archivi del Veneto e in particolare di Venezia. Ho poi pubblicatoi documenti in una serie di articoli. Ho esaminato la storia del restauro per spiegare l’aspetto mutevole delle opere d’arte e come ciò abbia portato a diverse opinioni degli storici dell’arte in tempi diversi. Dopo aver pubblicato la mia monografia su Giorgione nel 1997, lasciai l’Europa per tornare in Australia e assumere la posizione di Herald Chair of Fine Arts presso l’Università di Melbourne, mia “alma mater”. Lì ho riacceso i miei studi nella storia dell’arte australiana e ho cercato di sviluppare una scuola globale di storia dell’arte, ho tenuto una conferenza internazionale sulla storia dell’arte per diventare così presidente del comitato Internazionale di Storia dell’Arte. Quando sono diventata professore emerito ho ripreso con il mio vecchio amore per l’arte veneziana e Giorgione si è “svelato” in Australia. Non ho mai provato a diventare la più grande esperta di Zorzon e trovo leggermente sorprendente essere considerata tale”.

Ci puoi raccontare com’è avvenuta l’ultima scoperta su Giorgione?

“Il giorno prima del mio compleanno nel 2017 ho ricevuto un messaggio di posta elettronica da Kim Wilson, un bibliotecario della biblioteca dell’Università di Sydney che mi chiedeva di venire a Sydney per vedere l’ultima pagina di un’edizione del 1497 di una Divina Commedia di Dante che conteneva un’iscrizione, che sembrava riguardare Giorgione e un suo disegno. Sono state allegate fotografie scattate con l’Iphone. Non riuscivo a credere a quello che leggevo e vedevo. Pensando di aver immaginato una scoperta spensi il mio computer, poi lo riaccesi. Poi risposi a Kim, mi misi d’accordo per raggiungere Sydney dopo Natale e contattai Jill Dunkerton alla National Gallery di Londra, che mi inviò una nuova immagine a raggi infrarossi sul disegno dell’Adorazione dei Magi di Giorgione a cui il disegno di Sydney si riferiva. Ho proposto di condividere la ricercar pubblicando il documento sul Burlington Magazine, cosa che è avvenuta nel marzo 2019. Ho scritto gran parte dell’articolo mentre Kim Wilson ha approfondito l’aspetto dell’attribuzione. Dalla pubblicazione l’articolo è stato discusso in una trentina di articoli di giornale e sulle reti televisive a livello internazionale. La ricerca è ancora in corso e speriamo di stabilire presto la provenienza”.

La Scoperta

Nell’ultima pagina dell’edizione della Divina Commedia esaminata da Anderson compare l’iscrizione della presunta età di morte di Giorgione. La penna potrebbe essere stata quella di un suo conoscente. La scritta recita: “Giorgione è morto il 17 settembre 1510 a 36 anni”. Se così fosse, Giorgione sarebbe nato nel 1474. La scoperta della Anderson, in fase di discussione, retrodaterebbe la nascita di Giorgione di 3 anni, collocandola nel 1474 anzichè nel 1477-78 (ricostruzione del Vasari nelle sue “Vitae”). Restando fermo al 1510 l’anno della morte, si allungherebbe la vita del genio del Rinascimento, che avrebbe vissuto 36 e non 32 anni. Secondo il critic d’arte Vittorio Sgarbi, tra i massimi studiosi dell’enigmatico Giorgione, ciò permetterebbe di datare in modo meno affollato la Pala e la Tempesta. Inoltre, “la morte di Giorgione a 36 anni lo avvicinerebbe all’età in cui si sono spenti tanti geni sia in campo artistico che musicale, tra cui Raffaello, il Parmigianino, Mozart”.

Resta ad oggi il mistero sull’autore della scritta e sulla proprietà dell’incunabolo. Avrebbe potuto essere appartenuta a Giorgione e poi passata di mano ad un suo amico che vi appuntò la data. La ricerca per gli studiosi continua…

Progetti per il futuro? Esposizioni, studi scientifici?

“Ho un numero di progetti per il futuro, tutti italiani, di cui i più immediati riguardano Giorgione e Giovanni Morelli. In autunno pubblicherò in inglese e in italiano: La vita di Giovanni Morelli nel Risorgimento italiano, con Officina Libraria, Milano. Questa è la prima volta che ho scritto una biografia. Sia l’uomo che il periodo in cui visse ebbero grande influenza nel futuro della cultura e della società italiana. È stata una sfida coinvolgente esplorare in profondità questo periodo storico dal punto di vista artistico.

Fin dalla pubblicazione della sorprendente scoperta su Giorgione a Sydney si è discusso molto su una mostra incentrata su Giorgione e la sua invenzione del Rinascimento a Venezia. Ho anche considerato la possibilità di rivedere il mio libro su Giorgione, il pittore della brevità poetica (1997), pubblicato più di vent’anni fa e disponibile solo nelle biblioteche o come un oggetto costoso sul mercato dell’usato”.

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